Storia della pasta Italiana (parte 2)
+ due ricette dell'Emilia-Romagna profondamente connesse con la Storia
“Che cos'è la gloria di Dante appresso a quella degli spaghetti?”
(G. Prezzolini, Maccheroni & C.)
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Riassunto della puntata precedente
Le origini della storia della pasta che conosciamo, produciamo, mangiamo in Italia portano in Mesopotamia.
Quella cultura passa poi alla Magna Grecia e da lì all’impero Romano.
La pasta nasce come derivato del pane. È un ingrediente funzionale ad altre preparazioni e non indica alcun genere alimentare preciso.
Làganon (Magna Grecia) e lagana (di epoca romana) designano un preparato simile alla pasta fresca che, salvo poche eccezioni documentate, si prepara fritta, nel tegame o al forno.
Sono gli arabi a diffondere in Occidente la cultura della pasta secca.
Nel XII secolo, in Italia era già iniziata la produzione e commercializzazione di questo prodotto.
Macharoni, più lunghi che corti
Nei trattati arabi di cucina e dietetica il termine itriyya, analogo all’ebraico itrium, significa pasta. Le due parole sono simili al greco tria dal punto di vista linguistico ma non di significato (tria in greco antico indica preparazioni più simili al pane).
Quindi il termine che nel latino medievale designa la pasta secca di formato lungo, TRIA, è di origine araba e in Italia si usa ancora (ciceri e tria).
La parola macharoni è in uso sin dall’XI secolo e studi di linguistica propongono di individuare nell’arabo muqarrada, un impasto di zucchero e frutta secca tagliato in piccole porzioni, l’etimologia del termine che in Italia esce dall’ambito della pasticceria a differenza di quanto accade in Francia (macaron).
Ritornando all’Italia, inizialmente la parola macharoni indica degli gnocchi di semola o farina di un certo spessore che poi vengono assottigliati, allungati e forati per favorire l’essiccazione.
Le torte diventano tortelli (e tortellini)
La III novella dell’VIII giorno del Decameron narra la vicenda di Calandrino nel paese di Bengodi. Dalla cima di una montagna di Parmigiano grattugiato, maccheroni e ravioli, bolliti in brodo di cappone, scivolano in un lago di burro fuso.
L’utopia descritta da Giovanni Boccaccio nella seconda metà del Trecento, fornisce informazioni preziose sulla pasta:
cuoce nel brodo,
si condisce con Parmigiano grattugiato e burro.
I primi libri di cucina italiana risalenti a Trecento e Quattrocento, di solito scritti da cuochi di corte, dedicano alla pasta secca conservata giusto una ricetta qui e un’altra lì. Nella prima parte del Medioevo infatti i prodotti conservati sono ancora un cibo per i ceti bassi. Al contrario, è più consistente la presenza di ricette a base di sfoglia fresca che, oltre a fungere da contorno, si usa anche per creare le torte ripiene, complessi capolavori gastronomici molto apprezzati presso le corti rinascimentali.
Breve nota:
la tradizione della pasta ripiena, antica e probabilmente di origine turco-mongola, fa parte del bagaglio di conoscenze diffuso in Occidente dagli arabi.
Come scrive lo storico della gastronomia Massimo Montanari, due tradizioni diverse si incontrano dando vita a un genere che rappresenta una delle più significative novità di epoca medievale.
La lagana, pasta fresca, che accoglie il ripieno delle torte medievali, si fa piccola e dalle torte nascono tortelli e tortellini.
Poco alla volta, nei ricettari la descrizione delle procedure per fare diversi formati di pasta diventa più precisa ed è quasi sempre accompagnata da una attribuzione geografica.
Maestro Martino, cuoco pontificio nella seconda metà del 1400 descrive i macharoni siciliani lunghi un palmo e forati con uno spagho (per la prima volta si utilizza il termine spago anche se in riferimento allo strumento e non al formato di pasta. Per la parola spaghetti bisogna attendere la seconda metà dell’Ottocento); i macharoni romaneschi, ricavati dalla sfoglia, che assomigliano a tagliatelle o fettuccine.
L’importanza della medicina nella storia della pasta
Nei trattati di quasi fine Medioevo (metà Quattrocento circa), i medici catalogano per primi i diversi formati sotto un nome collettivo che li raggruppa tutti.
In questo modo la pasta assume finalmente l’identità di genere alimentare lasciandosi alle spalle secoli di incertezza e ambiguità.
Di nuovo, sono i medici a fornire indicazioni di preparazione che favoriscono l’affermarsi della cottura in un liquido prima della pasta secca e poi anche di quella fresca.
È interessante ricordare che medicina e cucina sono strettamente connessi sin dall’antichità e che per la scienza medica del tempo vale il principio degli opposti che si devono compensare trovando un punto di equilibrio.
Cosa c’entra questa digressione con la pasta?
Il “primo campo di applicazione di questa regola fu la cucina, sia nella scelta degli abbinamenti (mettere insieme prodotti di qualità opposta) sia nelle pratiche di cottura: arrostire i prodotti umidi, per asciugarli; bollire i prodotti secchi, per inumidirli” (Montanari).
Se prima è secca, dopo la cottura la pasta diventa umida e per questa ragione deve essere (nuovamente) corretta con il condimento.
I medici di cultura arabo-islamica, poi anche quelli europei, suggeriscono di abbinare la pasta reidratata con elementi secchi come le spezie che, va detto, sono costose e quindi non accessibili a tutti.
Questo stesso principio sostiene anche l’abbinamento tra pasta e formaggio stagionato. E se la pasta nel corso del 1300 diventa una nuova categoria alimentare è grazie a questa associazione alimentare, per usare una espressione coniata nel 1961 da Fernand Paul Achille Braudel. Felice, aggiungo io.
La pasta incontra la stalla
Tra il XII e il XIII secolo in Emilia-Romagna e Lombardia nascono Parmigiano e i suoi fratelli (piacentino, lodigiano, milanese per citarne alcuni).
Succede grazie alla diffusione dell’allevamento dei bovini che, soprattutto in Emilia, sottrae spazio alla tradizionale presenza dei suini.
Sono i monaci cistercensi, proprietari di grandi appezzamenti di terreno, i primi a sperimentare nuove tecniche agricole che sommano il contributo dell’uomo alle condizioni create da clima e terreno. Che poi è l’idea alla base del concetto di terroir sviluppato dai francesi. E sono sempre loro che, utilizzando i bovini anche per il latte e non solo come animali da tiro, introducono sul mercato, a fianco dei pecorini che già esistevano, i formaggi vaccini.
E visto che il successo di un ingrediente dipende dalla sua capacità di acquisire un senso nel sistema gastronomico grazie alla sua bravura nel relazionarsi con gli altri, i nuovi formaggi vaccini in abbinamento alla pasta funzionano per la medicina e anche sul piano gustativo.
L’affermazione storica di pasta e formaggi a pasta dura da qui in poi precede appaiata.
Infine, la pasta condita con il formaggio cambia anche il modo di mangiarla e servirla. In Italia l’uso della forchetta, o di oggetti simili come il forchettone a due punte del ritratto medievale che puoi vedere in apertura della newsletter, è molto precoce rispetto al resto d’Europa e diffusa anche tra il popolo.
Non significa che tutti mangiano compostini a tavola, ognuno con le sue posate.
Ma la pasta bollente resa scivolosa dal condimento di Parmigiano e burro fusi dà una bella spinta a un uso più sistematico della forchetta.
Quante cose nuove sono successe in una manciata di secoli!
Nella seconda parte del Basso Medioevo, dopo il 1200, le minestre di pasta riunificano una pletora di differenti tradizioni locali abbracciando la diversificazione gastronomica che è un tratto caratterizzante dell’Italia sin dall’antichità.
La pasta diventa un genere alimentare riconosciuto dalla scienza medica e gastronomica.
Le corti rinascimentali accolgono con entusiasmo i nuovi bocconcini di pasta ripieni che trasformano le torte in tortelli.
La pasta incontra il Parmigiano e possiamo affermare che dal punto di vista storico, medico e gastronomico è uno dei più proficui e fortunati mai visti.
La qualità dei nuovi formaggi italiani supera la tradizionale diffidenza delle classi alte verso un prodotto considerato fino a quel momento, come anche la pasta secca, adatto solo per i ceti più poveri.
In pieno Rinascimento, tra 1400 e 1500, la pasta diventa un cibo elitario.
È tra 1600 e 1800 che la pasta, anche secca, entra nei ricettari e nelle case degli italiani. Comprese le cucine di chi emigra con il sogno di una vita migliore e di permettersi, finalmente, un piatto di pasta.
Per oggi il nostro viaggio finisce qui. Spero ti sia piaciuto.
Due ricette dell’Emilia-Romagna (e dal mio blog) profondamente connesse con la storia
Delle antiche tecniche di cottura della pasta restano, naturalmente, molte tracce.
Oggi il metodo più utilizzato è quello della bollitura, anche della pasta che va in forno.
In alcune ricette sopravvive l’uso antico.
Nella tradizione dell’Emilia-Romagna, è quello che succede con la versione dolce di molte paste fresche: tortelli o ravioli ripieni di crema pasticcera o di marroni e tagliatelle dolci non cuociono in acqua ma direttamente nell’olio bollente (o al forno).
Tagliatelle dolci (tipiche del Carnevale)
La ricetta
per 4 persone
Ti serviranno
tagliere
matterello
pennello da cucina
tegame per friggere
Ingredienti
Ripieno
100 g di zucchero di canna o semolato
scorza di 1 limone biologico se hai un limone piccolo, usa due limoni
50 g di sciroppo d'acero o miele
20 g di acqua tiepida
Sfoglia per le tagliatelle
200 g di farina 00
2 uova di grandezza media
1 pizzico di sale
30 g di rum (oppure: grappa o Marsala)
QUI trovi il procedimento completo e invece a questo altro link la video ricetta: buona cucina!
Cappellacci di zucca, i tortelli di Ferrara
La pasta fresca ripiena di zucca è un piatto antico che mescola sapori dolci e speziati come si faceva in epoca medievale. La ricetta, che nasce in ambito contadino, ben presto conquista le corti rinascimentali degli Este di Ferrara e dei Gonzaga di Montava.
Storicamente la versione di Ferrara prende il nome di cappellacci e si differenzia dagli altri tortelli di zucca per gli ingredienti del ripieno. Quelli ferraresi prevedono solo zucca, noce moscata e Parmigiano o Grana grattugiato.
La ricetta
per 4 persone
Ingredienti
Ti serviranno
tagliere
matterello
Ripieno
400 g polpa di zucca Delica già cotta
100 g Parmigiano Reggiano grattugiato
1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata
1 pizzico di sale
Sfoglia
2 uova (circa 100 g)
200 g farina 00
Il procedimento completo è sul blog.
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Che interessante questa storia della pasta che ci stai proponendo! Grazie anche per le golose ricette ❤️
Molto interessante la tua storia della pasta.
Piena di notizie, aneddoti e ricette.
Perfetta per i curiosoni affamati (in ogni senso ! ) che ti seguiamo con affetto .
Continua così, ti vengo dietro.
Ti abbraccio
Giuli